Intervista CONFCOOPERATIVE

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Una delle intuizioni più innovative del progetto è stata la comprensione dei bisogni non armonici di proprietari (maturare piccole rendite dalle loro proprietà) e potenziali affittuari (la ricerca di condizioni adeguate al loro reddito): una scommessa vinta?

Tiziana Rossi: Ci sentiamo  di dire che è la direzione giusta, ma per poter vincere questa scommessa occorre avere pazienza e costanza. Si tratta di un cambiamento culturale non da poco, trasformare i propri bisogni in occasione di incontro e non di contrapposizione è ciò che ancora dobbiamo potenziare. Il lavoro dello sportello casa biellese in questi quattro anni è stato soprattutto quello di definizione, mediazione e monitoraggio dei  bisogni diversi,  ma è nei casi in cui le persone (e non solo in quanto proprietari e/o inquilini) si sono incontrare che si è generato il vero valore a cui punta il servizio: la comunità.

Il bene casa, in quanto tale, è diritto, ma anche dovere, è necessità, ma anche opportunità, è un riparo, ma anche luogo da abitare, è un bene di proprietà, ma anche comune. Per questo la cooperazione sociale ha deciso di occuparsene e, nel nostro caso, non solo come risposta ad un bisogno privato/individuale, ma come spazio di co-generazione e  sviluppo di benessere comunitario.

Quali sono state le principali sfide affrontate in questi anni? (Burocrazia, rapporti con enti pubblici e destinatari finali, rapporti tra inquilini e proprietari, ecc…)

TR: Quando abbiamo iniziato ad occuparci di case abbiamo provato ad uscire da rapporto classico e lineare contratto di affitto/pagamento del canone perchè non siamo e non vogliamo essere un’agenzia di mediazione per la casa, ma immediatamente ci siamo scontrati con un mondo di regole che non prevedono (e/o non facilitano) formule diverse, ibride. Abbiamo provato a riesumare formule contrattuali del passato (es. contratto misto che prevede la possibilità di pagare il canone anche attraverso attività di scambio), ma non ci siamo riusciti fino in fondo. Il mondo dell’accordo tra proprietari e inquilini può, nel nostro attuale sistema, basarsi solo su uno scambio monetario o completamente gratuito, così come le prestazioni di servizi  sono lavoro o volontariato. La realtà regala molte più opportunità, ma non sono “regolari” e questo è un grosso ostacolo per chi, come noi, vuole percorrere strade nuove e  sostenibili.

Abbiamo affrontato e, ad oggi,  possiamo dire di aver ottenuto dei buoni risultati,  la questione  della protezione e salvaguardia  del valore dell’immobile. Il monitoraggio da parte dello Sportello, il progetto abitativo e il fondo di garanzia  hanno permesso di non arrivare mai a delle situazioni di conflittualità tra le parti irreparabili, si sono sempre trovate soluzioni e mediazioni a protezione di entrambe le parti. Permane però un evidente resistenza culturale, anche da parte dei servizi sociali, ad indentificare le parti come interessi contrapposti e sbilanciati e non come “un modello a somma positivo” (“Abitare su misura. Nuove forme dell’abitare nel contesto biellese” della dott.ssa Elena Granata).

Quali i principali insegnamenti tratti da questi primi anni, e quali le scommesse per il futuro? 

Gli insegnamenti:

  • le nostre politiche sulla casa (e di conseguenza gli strumenti messi a disposizione) sono superate e non tengono conto di un sistema “paese” profondamente trasformato (immobili insostenibili dal punto di vista delle utenze e spese…. con barriere architettoniche, in luoghi senza servizi, assenza di collegamenti, città non a misura di uomo; le persone hanno contratti di lavoro precari nel tempo e nei luoghi, le città non si sono prese cura degli spazi comuni..)
  • non siamo più educati alla socialità, al rispetto e alla sopportazione delle altre persone (individualismo dilagante)
  • si hanno dei cambiamenti solo e soltanto quanto le persone si incontrano e non solo quando ad incontrarsi sono i bisogni e/o le necessità
  • il nostro tentativo di regolamentare “tutto” (attraverso la burocrazia) non permette alle cose giuste di essere le più semplici e praticabili
  • la casa non può essere un bene solo “privato” e quindi trattato così è fuorviante. La casa è un bene comune e il pubblico (la comunità) non può delegare la sua gestione esclusivamente all’interesse particolare/privato
  • il benessere della gente dipende anche dal luogo (casa, quartiere, vicinato, relazioni, spazi, sorrisi, servizi) che si ABITA
  • il nostro patrimonio immobiliare, e paesaggistico, deve necessariamente essere rimesso in sicurezza e riqualificato (l’impatto ambientale di alcuni edifici sono un problema per la collettività)
  • trattare esclusivamente l’emergenza abitativa (piaga del nostro tempo) riduce di tantissimo le potenzialità del nostro servizio

le scommesse:

  • diventare servizio per l’intera comunità e non solo per chi vive situazioni di disagio abitativo o che dispone di un immobile “problematico”
  • far incontrare le persone, recuperando la socialità
  • promuovere il bene-stare
  • rendere accessibile un diritto (ad esempio promuovendo le convivenze, incidenza sui costi, sviluppo di economie territoriali)

 

Rossi Tiziana,

Presidente della Maria Cecilia scs onlus

Referente del progetto “sportello casa Biellese”